Diario Partigiano

Una storia di Resistenza

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In territorio francese

Viene sferrato l’attacco decisivo alla Valle Varaita da ingenti forze nemiche salite dalla Val Po in direzione di Sampeyre attraverso Pian Croesio, Gilba, per raggiungere il passo del Prete, ultima difesa partigiana verso Sampeyre. Vane le resistenze contro forze superiori di uomini e di mezzi. Pochi giorni prima dell’attacco avevo incontrato a Sampeyre il mio amico e compaesano Mario Garbarino, appena rientrato in Val Varaita dalle zone dei Roveri; insieme avevamo già subito il rastrellamento nel mese di Marzo, mi fece piacere rivederlo anche se questo succedeva sempre nei momenti peggiori.

Ci avviammo insieme verso Chiambretta, ultima borgata sotto il colle del Prete al confine con la Val Gilba. Qui eravamo una ventina di giovani con a capo “CAM” (Mau Antide Ugo, ex sergente dell’esercito) con alcune postazioni di mitragliatrici a protezione del passo; la tattica dei tedeschi era abbastanza evidente: chiudere in una sacca nella Val Varaita le molte formazioni partigiane che confluivano dalla Val Pellice, dal Montoso, dalla Val Po. La resistenza partigiana doveva cercare di rallentare gli attacchi in punti strategici l’avanzata tedesca. Dalla Val Gilba saliva verso il colle, a strati, una fitta nebbia che copriva i tedeschi, i quali approfittarono di questo fatto per sferrare l’attacco alle nostre postazioni e spinsero avanti anche dei gruppi di mucche trovate al pascolo in alta valle. Continua a leggere…

Maggio 1944

Nei mesi trascorsi in Val Mala e Val Varaita fummo costretti a continui spostamenti a causa delle difficoltà nel trovare baite disponibili ad accoglierci; in particolare in alta montagna dove i montanari utilizzavano le baite come deposito di fieno e foglie, le stesse venivano svuotate per salvare il contenuto da eventuali rappresaglie (incendi) di tedeschi e fascisti che le consideravano rifugi di partigiani. Per questo motivo noi eravamo spesso costretti a dormire su poche foglie e a volte anche sulla nuda terra.

Poiché in certi periodi non potevamo spostarci per rifornirci di viveri, erano giovani ragazze che dai paesi di fondovalle salivano con pane ed altri generi alimentari (prelevati dai nostri fornitori) e venivano in nostro soccorso incuranti dei rischi che questa loro azione comportava. Si trattava di ragazze giovani alle quali noi, diciottenni, dimostravamo simpatia e riconoscenza. Erano momenti belli in cui uno scambio di parole, uno sguardo, una carezza, rappresentavano un’evasione e rendevano felici noi e loro che ripartivano contente. Continua a leggere…

Relazione del Prof. Giraudo vice parroco di Moretta

Più che sul territorio, Moretta ha pagato col sangue generoso dei suoi figlioli lontani dal focolare domestico il suo abbondante contributo alla causa della liberazione.

Ricordiamo innanzitutto i nostri sette figlioli che a pochi giorni di distanza caddero fucilati dai nazifascisti, unicamente colpevoli di amare la Patria, che volevano liberare dai barbari teutoni e dai feroci despoti pseudo-italiani. Per la Patria avevano alcuni mesi prima abbandonato la famiglia ed erano saliti ai monti ad intrupparsi nelle squadre partigiane, dopo aver disertato con mille peripezie l’esercito fascista. Continua a leggere…

Val Varaita Aprile 1944

Il 1° di Aprile 1944, con altri 13 compagni furono fucilati in località Quagno, sulla strada provinciale Melle – Frassino dopo essere stati costretti a scavarsi la fossa (vedasi lapide n° 542 da censimento lapidi e cippi). Erano tutti giovanissimi, non avevano più di venti anni. Per noi rimasti le cose andavano sempre peggio: faceva freddo e avevamo fame, alcuni giovani stavano male, avevano la febbre ed altri malanni.

Decidemmo allora di scendere verso le prime baite abitate, verso Becetto, in cerca di un posto dove ripararci dal freddo e per trovare un po’ di viveri; ci spostammo di notte con grandi difficoltà a causa del cattivo equipaggiamento, ma arrivati alle prime case dei valligiani trovammo solamente pochissime uova, nemmeno uno a testa. Io rinunciai a favore di altri più deboli ed in precarie condizioni di Salute. I pochi valligiani erano terrorizzati, parlavano della continua presenza di soldati tedeschi, ci misero paura e ci consigliarono di allontanarci alla ricerca di posti più sicuri. Risalimmo allora verso Casteldelfino con una marcia estenuante nella neve fino alla cintola, Cesare faceva da capo fila per battere un po’ la pista, fu un vero massacro fisico, il trasferimento durò tutta la notte e verso l’alba giungemmo nelle pinete sotto il monte Reisacco a quota 2250 metri circa.

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Val Varaita Febbraio – Marzo 1944

Ai primi di Febbraio ci fu una rappresaglia fascista a Tarantasca e S. Benigno, con fucilazioni di giovani renitenti alla leva. Aumentarono gli scontri, si moltiplicò la guerriglia. Arrivò anche Mario Garbarino, mio amico e compaesano: è giovane, non ha ancora compiuto 17 anni, siamo amici fin dalla prima infanzia e abitiamo nello stesso quartiere. Ha voluto seguirmi in montagna perché vuole fare il partigiano, è deciso e coraggioso, non vede l’ora di entrare in azione. Gli do alcuni consigli per metterlo di fronte alla realtà fatta di sacrifici: la guerriglia non è uno scherzo e la vita di noi giovani è molto importante per un futuro migliore. Entrambi proveniamo da famiglie molto povere, perciò è più vivo in noi questo sentimento.

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Val Varaita Gennaio 1944

Rientrai in Val Varaita ai primi di Gennaio, in località Giusiani verso Melle, base partigiana, con una quindicina di giovani al comando dei fratelli Casavecchia. Al 5 di Gennaio giunse una brutta notizia: quella di un imponente rastrellamento compiuto dalle truppe nazifasciste sulla collina di Costigliole nella frazione di Ceretto, una rappresaglia davvero bestiale con fucilazioni, bombe, l’incendio di una trentina di case; ventisette furono le vittime fra la popolazione civile, che subì anche gravissimi danni materiali. Non fu catturato un solo ribelle, ma il tutto si risolse in un grave eccidio di persone appartenenti ad una tranquilla ed onesta comunità di lavoratori agricoli. Fu questa la reazione ai primi attacchi portati dalle bande partigiane ai presidi ed ai posti di blocco nazifascisti. In valle le squadre si ingrossavano di giovani, si costituirono i primi battaglioni.

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