Diario Partigiano

Una storia di Resistenza

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Val Varaita Gennaio 1944

Rientrai in Val Varaita ai primi di Gennaio, in località Giusiani verso Melle, base partigiana, con una quindicina di giovani al comando dei fratelli Casavecchia. Al 5 di Gennaio giunse una brutta notizia: quella di un imponente rastrellamento compiuto dalle truppe nazifasciste sulla collina di Costigliole nella frazione di Ceretto, una rappresaglia davvero bestiale con fucilazioni, bombe, l’incendio di una trentina di case; ventisette furono le vittime fra la popolazione civile, che subì anche gravissimi danni materiali. Non fu catturato un solo ribelle, ma il tutto si risolse in un grave eccidio di persone appartenenti ad una tranquilla ed onesta comunità di lavoratori agricoli. Fu questa la reazione ai primi attacchi portati dalle bande partigiane ai presidi ed ai posti di blocco nazifascisti. In valle le squadre si ingrossavano di giovani, si costituirono i primi battaglioni.

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Il comandante Pier Angelo Dolza e i suoi gregari davanti al plotone di esecuzione

Il giorno 1 Gennaio 1944, quando il parlare di patriottismo partigiano sembrava una utopia, per il coraggioso comandante Pier Angelo Dolza (Rocca) era una realtà, era movimento in atto. Fin dal Novembre 1943 il giovane ardente Dolza aveva raccolto un nucleo di audaci e dalla sua Torino li condusse su su per la valle del Po fino oltre Paesana e prese stanza nei pressi di Calcinere. Formata la base con circa 25 ragazzi provenienti da Torino, Nichelino, Bagnolo, il comandante Rocca organizzò parecchie azioni di molestia contro i tedeschi e la loro opere di occupazione.

L’attività di questi giovani patrioti fu segnalata ai Comandi tedeschi che ordinarono un primo rastrellamento il 30 Dicembre 1943; i Tedeschi non conoscevano di persona il Dolza ma sulla bocca di tutti era precisa la caccia al comandante Rocca. Caddero combattendo cinque dei suoi migliori ragazzi. L’attività dei patrioti non cessò anzi vennero organizzate azioni a Villafalletto, a Campiglione e in modo speciale contro il campo di aviazione di Scarnafigi e di Langrangia.

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Il Battesimo del Fuoco

E’ l’alba.

Il Ten. Rocca dà l’allarme, è in corso un attacco tedesco verso la nostra base. Il tenente ci dispone dietro a postazioni naturali, io sono dietro ad un grosso castano. Ci troviamo a poca distanza uno dall’altro, ai margini della borgata, giù verso il sentiero. L’ordine è di non sparare prima del suo segnale.

Tendo l’orecchio, c’è un silenzio impressionante, guardo il mio compagno che si fa il segno della croce e penso stia pregando. Quei minuti di attesa sono stressanti, tremo, vedo elmetti che si muovono verso di noi, silenzio, poi qualche fruscio.

Sono in possesso di un fucile 91 con diversi caricatori: è il mio primo scontro armato, “il battesimo del fuoco“. Attendo, imbraccio l’arma, poi ecco il segnale: si apre il fuoco, raffiche di mitraglietta da tutte le parti, bombe a mano, fragore di colpi. La fifa mi passa e sparo sino a che l’arma si surriscalda. I tedeschi devono esser molti, non ho idea della durata della cosa. Ad un tratto sento chiamarmi per nome: è il Ten. Rocca che mi fa cenno di venire via.

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Gloria ai Martiri della Libertà

Questi i nomi dei cinque partigiani del Tenente Rocca caduti in combattimento a Calcinere il 30 Dicembre 1943:

OLMO Paolo
anni 19

NEGRINI Orazio
anni 19

DI MURI Libero
anni 21

TESCARI Luigi
anni 19 medaglia d’argento

MANTELLI Bruno
anni 18

Vigilia di Natale

E’ la sera della vigilia di Natale, alcuni giovani si improvvisano cuochi e si danno da fare per mettere insieme una cena un po’ natalizia e intanto cantano, sono allegri, qualcuno suona la chitarra. E’ il mio primo Natale da partigiano e malgrado l’atmosfera mi sento triste, poiché è il secondo che trascorro lontano dai miei. Penso a mia madre, ai miei fratelli e so che è un brutto Natale anche per loro.

Sono le 19. Scendo in Paesana, passo davanti ad una grande chiesa, sento cantare: sono canti natalizi che mi ricordano gli anni passati nell’ospizio dove la sera di Natale ci facevano assistere a ben tre messe consecutive ed io non vedevo l’ora che tutto finisse per andare a scoprire i pochi doni che le suore ci avevano preparato. Entro in chiesa, si prega, assisto alla messa, canticchio insieme a tutta quella gente, quindi esco per tornare alla base partigiana. La gente mi guarda senza parlare; io mi sento più rincuorato.

La mattina seguente vorrei far ritorno alla mia base in Val Varaita, ma ancora una volta il Ten. Rocca mi convince a rimanere dicendomi che, essendo sotto le feste di fine anno bisogna cercare di trascorrere quei giorni il più possibile in tranquillità.

Rimasi, ma non fu così.

A piedi fino a Piasco

Con alcuni amici e coscritti di Carignano – Rocchia, Gasverde, Brusa Domenico, Gennero Bartolomeo ed altri di cui non ricordo il nome – salii sul trenino della SATIP diretto a Saluzzo. Come clandestini raggiungemmo Costigliole di Saluzzo e salimmo poi a piedi verso la frazione Ceretto di Costigliole ove si erano raccolti una quindicina di giovani che formavano un gruppo partigiano al comando di un certo “Menelich“; apparirono subito poco chiare le attività della banda che lasciammo alcuni giorni dopo.

Con me restarono tre compaesani: Gasverde , Brusa e Gennero, gli altri se ne tornarono a casa dopo alcune brutte esperienza vissute in quei giorni di permanenza nella banda.

Il 10 Dicembre 1943 noi quattro a piedi attraverso i sentieri nei boschi raggiungemmo Piasco dove ci segnalarono una base partigiana a Santa Brigida; ci dirigemmo verso quella località e in una Chiesetta trovammo alcuni partigiani tra i quali ricordo bene Osvaldo e Levi Isacco, (quest’ultimo proveniente da una famiglia ebrea di Saluzzo). In quel gruppo ci sentimmo più tranquilli e sicuri, si parlava di comandi e di contatti con altre basi già organizzate nella Val Varaita, si delineavano le prime forme di organizzazione inesistenti nella banda precedente che addirittura cercava di evitare.

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